intervento all'Animal Price FI 2003

Pepetita iuvant sed secant

Voglio ringraziare anzitutto gli organizzatori per aver permesso la realizzazione di questa iniziativa.
Gli eventi di questo tipo, tra l’altro, favoriscono l’interscambio diretto tra individui e gruppi rivolti alla salvaguardia dei diritti degli animali.
Questo “stare tutti insieme” per l’Animal Pride permetterà di rafforzare la volontà di operare sempre più congiuntamente, nel rispetto delle diversità, protesi verso nuove forme di tutela degli animali.
In questa giornata l’Associazione _yusya ha voluto dedicare un po’ di spazio ad un tema che troppo spesso favorisce antagonismo tra assertori del biocentrismo, ossia la metodologia di intervento. In questa sede verranno prese in esame le due correnti diametralmente opposte del movimento: gli interventisti e coloro i quali fondano prevalentemente il proprio impegno nella sensibilizzazione verbale pacifica e non violenta.
Entrambi i movimenti sono spinti dal “sacro fuoco” animalista ed entrambi i movimenti credono fermamente nel fine prepostosi riconoscendo i mezzi utilizzati quali unici accettabili.
Negli incontri associativi sovente si è dibattuto sulla questione e mai si è addivenuti ad una risposta soddisfacente.
Io credo semplicemente che non abbia senso il confronto competitivo delle due correnti poiché l’una può essere interpretata semplicemente come il completamento dell’altra.
So che questo mio pensiero è poco popolare e mi rendo perfettamente conto che potrebbe essere interpretato in più modi. Questo però non può esimermi dall’esprimerlo e “honni soit qui mal y pense”.
Tornando a noi.
Nel variegato universo animalista, in questi ultimi mesi, stanno prendendo forma differenti indirizzi di volontari motivati alla realizzazione del “sogno” personale attraverso azioni dirette.
Proprio questa mattina a Roma sarebbe stata organizzata un’azione di protesta non autorizzata da parte di un gruppo indipendente rivolta a quello che è stato definito “il canificio Parrelli”. Nel comunicato inviato in rete si potevano leggere queste parole: “l'eventuale presenza di sciacalli delle associazioni animaliste
romane verra' rimossa a calci nel culo”.
Parole dure da cui trasuda una ribellione allo stato costituito. Parole ingenue che, nella loro superficialità, manifestano una volontà incontenibile di cambiamento.
Un rifiuto all’aggregazione associativa, l’esaltazione della soggettività, l’intenzione di ottenere tutto e subito senza tentennamenti.
Hanno torto? No. Hanno ragione? Nemmeno. Dipende.
Dipende dalla situazione.
Credo che nessun presente possa trovare odiosa la liberazione dei cani beagle destinati alla sperimentazione animale. Credo altresì che nessun presente possa trovare gradevole l’atteggiamento di ottusa chiusura nei confronti di un’entità indistinta rappresentata da “associazioni animaliste romane”.
L’azione diretta atta a liberare degli animali in difficoltà o destinati al macello o alla sperimentazione o altra tipologia di disagio, a prescindere dall’aspetto puramente legale, può essere l’unica via percorribile in certe situazioni che richiedano un intervento in tempi reali. Ciò, naturalmente, non deve precludere l’aspetto successivo e di sensibilizzazione.

L’azione fine a se stessa permetterà a quell’animale di sopravvivere ma non si confronta con un possibile salto di qualità per quelli che verranno. Non sarà infatti possibile essere sempre presenti per liberare tutti gli animali.
L’unico modo per far sì che la vivisezione cessi di esistere sarà quello di far cadere i “signori” della ricerca sul loro stesso terreno dimostrando in modo sempre più scientifico e mediatico l’assurdità di questa pratica. Una sensibilizzazione capillare, battente, che non dia respiro, che richiami il singolo cittadino ad un ragionamento supportato da dati inconfutabili. E’ la popolazione che fa le scelte politiche, quelle che “fanno e disfano” a piacimento. Se la gente chiederà a viva voce che la vivisezione, piuttosto che una qualsiasi altra forma invasiva nei confronti degli animali, cessi sarà la stessa politica a dirottare i fondi in ricerche o pratiche alternative non lesive.
Questo lavoro è molto più noioso e stressante di quanto non lo possa essere un’azione diretta. Richiede determinazione e costanza, capacità di adattamento e tenacia, versatilità e, perché no, apparente caparbietà.
L’azione richiede una buona capacità organizzativa, velocità d’intervento e sicurezza di movimento ma sicuramente non mette a confronto gli attivisti con i progressi ed i regressi quotidiani di un lavoro fatto a tavolino e rivolto ad un miglioramento graduale e continuo della condizione animale a tutti i livelli.
Personalmente credo che nessuno di noi abbia la verità in tasca.
Non ritengo che qualcuno abbia trovato la panacea.
I risultati lo dimostrano.
Io credo che il percorso che ogni gruppo, che ogni individuo sta seguendo per il miglioramento della condizione animale sia comunque un grande lavoro, da rispettare nel valore che gli è proprio.
Non importa che la meta sia eclatante poiché anche un solo animale salvato dalla difficoltà è già un grande evento di per sé. Ciò che è veramente importante, a mio avviso, è l’intenzione.
Fermo restando il concetto ben chiaro di difesa degli animali, che nulla ha a che vedere con la domesticazione forzata, qualsiasi iniziativa può essere un passo avanti.
Ci sono individui più sensibili al lavoro on the road che si occuperanno della salvaguardia diretta degli animali in difficoltà, altri che percepiscono con maggiore intensità i grandi temi quali la caccia, la vivisezione, la macellazione, ecc. che dedicheranno il proprio tempo alle migliorie legislative e successive applicazioni, altri ancora che vedranno nelle stabulazioni dei laboratori una prigionia insopportabile e si adopereranno per liberare le malcapitate cavie, e così via.
Se i propri sforzi sono portati avanti con sincerità tutte queste attività sono da elogiare, poiché nessuna è lesiva della dignità animale.
La storia insegna a tutti noi che la dispersione di forze indebolisce “il fronte”.
Non è necessario che tutti siano d’accordo con tutti. Anche perché, se così fosse, esisterebbe una sola Associazione animalista. E’ sufficiente che, purché sussistano le condizioni minime di decenza, ognuno faccia la sua parte nel rispetto delle altre.
Può esserci un fondo di verità nell’accusa degli individualisti interventisti quando additano con orrore le campagne di sensibilizzazione demagogiche; però, anche queste, se spinte da ideali migliorativi servono.

Servono a far parlare le persone del problema, servono ad instillare barlumi di coscienza a chi apparentemente non ne ha e, perché no, servono a far entrare fondi da destinarsi alle cure ed al mantenimento degli animali ricoverati. Non voglio credere che esistano Associazioni che utilizzino i fondi raccolti per scopi personali.
Può esserci altresì un fondo di verità nell’accusa delle Associazioni riconosciute quando additano colpevolizzando le azioni dirette di gruppi A.L.F.; però, anche queste, se mirate alla soluzione in tempi reali di un problema altrimenti non risolvibile, servono.
E’ in questo contesto che ringrazio tutti i presenti, indipendenti o rappresentanti di movimenti, per il lavoro svolto.
Un pensiero rivolto a tutti gli animali ci accomuna.
Grazie e buon volontariato!
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